Una prima schedatura e una prima proposta progettuale di un nuovo insediamento ai bordi della laguna, lungo la propaggine est di Mestre figurano addirittura negli elaborati presentati all’Esposizione Internazionale dell’ Urbanistica e dell’ Abitazione a Parigi (1948) sotto forma di griglia CIAM. Il progetto evidenziava però i limiti della nozione operativa basata esclusivamente sull’unità residenziale e sottolineava la necessità di adottare una strategia più flessibile, almeno per gli interventi urbanistici in scala territoriale.
Il progetto successivo si basa difatti sull’alternanza nel verde di torri e di piccoli nuclei residenziali, che sperimentano l’ipotesi dell’ unità di vicinato traendo suggestioni ambientali nonchè di proporzione dalla Venezia dei Campielli.
Il quartiere si snoda lungo un’arteria che si stacca dall’asse di collegamento principale tra Venezia e Mestre, in una posizione che potenzialmente rappresenta il punto naturale di incontro tra la Venezia storica insulare e la Venezia della terraferma (rafforzato negli ultimi anni dalla costruzione del Parco San Giuliano).
L’idea decolla all’inizio del 1949, dopo l’approvazione del “Piano Fanfani” per l’edilizia popolare nell’ambito del generale Piano di Ricostruzione post-conflitto.
Per il suo tipico carattere lagunare la zona di S. Giuliano vince la concorrenza di Marghera e Sacca Fisola. In sede politica si crede che tale caratteristica faciliti la spostamento dei veneziani in terraferma.
Il quartiere sperimentale a San Giuliano è uno degli esempi più significativi dei nuovi modelli insediativi e urbanistici realizzati in Italia nel dopoguerra. Il progetto per l’insediamento ha origine nel 1946 da un’esperienza didattica condotta da Samonà e Piccinato nell’ambito della Scuola di architettura di Venezia. La scelta dell’area da destinare a caso studio cade sull’area compresa fra il canal Salso e il canale Oselin (o Marzenego), su un asse ideale che collega Mestre e la città insulare di Venezia. Gli studi vengono accompagnati da indagini statistiche e questionari rivolti a «manovali, operai e impiegati» dell’industria di Marghera per meglio comprendere le loro esigenze abitative e di socialità collettiva. L’intento è di creare un organismo di autosufficienza relativa, una sorta di casa-città pronta ad accogliere e a integrare varie categorie sociali, provenienti dalla laguna e dalla terraferma, in cui gli abitanti si incontrano e socializzano. La struttura prevede un sistema di circolazione esterna lungo i due canali Salso e Oselin, otto nuclei insediativi isolati ed immersi nel verde, un centro civico attrezzato. L’articolazione dei volumi del quartiere e la scelta delle tipologie edilizie – case duplex, case a quattro piani e case alte a torre -, cerca di rispondere a nuovi modelli abitativi, diversi da quelli borghesi precedenti la Seconda guerra mondiale e basati sulla reale consistenza dei nuclei familiari. Gli espliciti riferimenti agli studi sulle tipologie edilizie della “Venezia Minore”, condotti da Egle Trincanato, definiscono il carattere delle singole unità, costituite da case a due piani disposte a schiera, frazionate in sottonuclei minori ciascuno dei quali dispone di servizi commerciali di prima necessità situati in edifici centrali di 4 piani. L’intento fu quello di dare agli emigranti veneziani una prassi abitativa nota, basata sul concetto dei “campielli” come spazio comune attorno al quale sorgono le abitazioni private. Nella “Venezia Minore” il campiello è il giardino condominiale, è lo spazio di condivisione: usciti dalla sfera privata, famigliare tramite la porta di ingresso si accede ad un altro spazio, quello della condivisione e della socialità con i propri vicini, ma non solo.
Nel 1951, dopo l’approvazione del piano di ricostruzione di Mestre, l’Ina-casa affida l’incarico della realizzazione del quartiere a Piccinato e Samonà, affiancati dal Gruppo architetti e ingegneri veneziani. l concetti originari del progetto studiato devono modificarsi per tener conto dell’inamovibile indicazione di un arteria intermedia di attraversamento longitudinale sui cui lati vengono situati gli edifici multipiani. Tuttavia, l’insediamento conserva la dimensione originale di 12.000 abitanti, stimati su criteri quantitativi-qualitativi legati alla presenza di attrezzature collettive fondamentali, quali il cinema, la chiesa, le scuole, il mercato, suddivisi in nuclei minori di 1.000-2.000 abitanti. La costruzione del quartiere viene pianificata in due settenni e subisce diverse varianti in corso d’opera per cui molte sono le incongruenze tra il progetto ideato e quello costruito: gli edifici multipiano vengono ridotti da 11 a 6 piani; l’VIII nucleo adiacente a Forte Marghera, le case alte lungo la strada per Trieste. Fanno parte del progetto anche un centro civico e un centro sportivo.
Le attrezzature di quartiere comprendono : un scuola industriale, una scuola elementare (L. Radice), tre scuole materne, un mercato coperto, la cooperativa di consumo, negozi, uffici pubblici, centro civico culturale e ricreativo, chiesa e parrocchia, autorimessa (l’attuale supermercato Cadoro), campo sportivo; inoltre sono installate tre sottostazioni di filovia.
Archivio del progetto
Archivio “Giuseppe e Alberto Samonà” (1920-1994), Archivio progetti, Università Iuav di Venezia: contiene un dattiloscritto (10 c.) e 19 negativi e alcune diapositive di riproduzioni di disegni, del modello e degli edifici realizzati.
Archivio “Egle Renata Trincanato” (1911-1998, con documenti dal 1860), Archivio Progetti, Università Iuav di Venezia: contiene 143 disegni, 64 copie eliografiche, 284 c., e 124 fotografie, 109 diapositive, 66 negativi di riproduzioni di disegni, del modello, del cantiere e degli edifici realizzati.
Bibliografia
Egle Renata Trincanato 1910-1998, a cura di M. Scimeni e A. Tonicello, Venezia, Marsilio, 2008.
Giovanni Astengo, Nuovi quartieri in Italia, in «Urbanistica», 1951, 7.
Giuseppe Samonà, Nuova unità residenziale a Marghera-Mestre, in «Urbanistica», 1951, 7.
Giuseppe Samonà, Problemi urbanistici sul Quartiere di S. Giuliano, in «Casabella», 1958, 218.
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